I popoli italici: l'Italia prima di Roma

Quando l’Urbe era ancora solo una città fra molte, la Penisola era abitata da una costellazione di popolazioni molto diverse, legate fra loro da una rete fittissima di relazioni

Actualizado a 5 di ottobre di 2023

 

 

Foto: Erich Lessing / Album

Come in molti altri luoghi del mondo euro-mediterraneo, anche in Italia la diffusione della metallurgia del ferro portò grandi cambiamenti nel rapporto fra popolazioni e territori. Le aree culturali che sul finire del II millennio a.C. suddividevano l’attuale territorio continentale italiano attraversarono dei processi di frammentazione e ricomposizione.

Da questi processi emerse un nuovo mosaico di culture. La formazione delle identità regionali che caratterizzarono la penisola italica preromana dovette avvenire proprio al passaggio fra l’Età del bronzo e quella del ferro, attorno all’anno 1000 a.C.; prima di allora, non si hanno tracce archeologiche apprezzabili dell’esistenza di “popoli”, ovvero di costrutti identitari basati sulla condivisione di elementi culturali diffusi solamente all’interno di un certo confine, e volutamente diversi da tutto ciò che si trova al di fuori di esso.

 

 

Foto: Erich Lessing / Album

Il livello di identità collettiva probabilmente non superava il singolo insediamento, o il gruppo di insediamenti vicini. Al principio del I millennio a.C. le strade intraprese nelle varie regioni appaiono subito parzialmente divergenti, nonostante la indubbia condivisione di elementi culturali che accompagnerà tutta la storia dei popoli italiani.

La formazione molto precoce di centri urbani, per esempio, è caratteristica dell’area medio-tirrenica e soprattutto nel caso dell’Etruria tali centri possono avere dimensioni notevoli, paragonabili a quelle delle più grandi città dell’intero mondo mediterraneo. Nel Lazio la situazione rimase più frammentata, con un pulviscolo di centri minori e alcuni nuclei di maggiore estensione, tra i quali Roma, che, nel giro di un paio di secoli, raggiunse rapidamente una superficie abnorme.

I primi centri urbani

La nascita delle città, soprattutto in Etruria, provocò spostamenti di masse notevoli di persone; a popolare questi grandi insediamenti giunsero gruppi umani provenienti da un bacino amplissimo, che andava ben al di là dei confini storici dell’Etruria.

Come è facile immaginare, l’assetto generale del popolamento ne risultò fortemente sbilanciato; i vuoti creati da questi movimenti avrebbero attirato in seguito nuovi flussi migratori a breve raggio, che talora ebbero conseguenze storiche importanti. Il risultato della formazione dei grandi centri urbani fu la nascita di alcune decine di stati centripeti, dove il potere politico, il commercio, l’artigianato e tutte le attività economiche e culturali erano appannaggio pressoché esclusivo della città, mentre il territorio era amministrato soprattutto come fonte di risorse primarie da indirizzare al mercato cittadino.

La presenza in Italia di colonie greche differenziò profondamente le culture del sud da tutte le altre

Percorsi simili sono documentati anche nelle aree abitate dalla popolazione etrusca, tuttavia esterne a ciò che storicamente era chiamato “Etruria”: a sud, la Campania settentrionale interna e il Salernitano (dove gruppi di etruschi giunsero come colonizzatori già all’inizio dell’Età del ferro); a nord, la pianura padana al di sotto del corso del Po (dove, invece, l’identità etrusca delle popolazioni locali sembra originaria).

Gli stati cittadini dovettero nascere abbastanza presto anche in alcune zone del Veneto (in particolare i centri di Este, Padova e forse Vicenza). La conseguenza di tali fenomeni fu una concentrazione di risorse senza precedenti, che portò, nel corso dei secoli, a una maggiore differenziazione sociale, con la formazione di classi dirigenti ricchissime, ma soprattutto di numerosi strati intermedi, dediti ad attività artigianali e commerciali a vario livello.

Altre regioni d’Italia seguirono percorsi diversi, con insediamenti più piccoli e fitti, e senza la formazione di centri egemoni; l’assetto politico che ne emerse fu di tipo profondamente diverso rispetto agli Stati urbani, con una miriade di realtà territoriali di limitata estensione che potevano ricomporsi a seconda delle circostanze in entità etniche regionali, la cui consistenza tendeva a essere fluttuante nel tempo. La società aveva struttura molto più semplice, con un vertice forse di carattere ereditario, al di sotto del quale era una massa priva di distinzioni sensibili al suo interno.

Le culture regionali

Il commercio e l’artigianato specializzato sembrano avere avuto, in queste aree, un ruolo meno determinante; dovette quindi mancare l’incentivo all’accumulazione primaria su cui si basa l’avvio di ogni stratificazione sociale.

Verso la fine del VII secolo a.C. il processo formativo sembra essere giunto a maturazione; la fase arcaica (VI-V secolo a.C.) rappresenta quasi ovunque il momento meglio documentato sul piano archeologico. Tutte le culture regionali, caratteristiche dei vari popoli, sono ormai chiaramente stabilizzate, con l’eccezione di un’ampia fascia diagonale che corre fra le Marche e l’interno della Campania, dove si osserva una frammentazione in piccoli cantoni autonomi, più o meno legati fra di loro da alcuni elementi comuni. È probabile che questa evidenza archeologica sia il risultato di una situazione ancora molto fluida, con una popolazione non completamente stabilizzata, nella quale le identità politico-culturali potevano mutare a breve termine, anche a seguito di movimenti migratori.

Nella fase arcaica, insediamenti di grandi dimensioni cominciano a comparire anche in Puglia, dove però la concentrazione demografica non portò automaticamente questi centri a diventare poli culturali e politici. In effetti, in tutto il meridione la presenza delle colonie greche sulle coste, che fungevano da punto di riferimento economico e culturale per l’entroterra indigeno, condusse le popolazioni locali a seguire percorsi storici molto diversi rispetto al resto della penisola, con una lunga sopravvivenza di piccoli principati dal sapore ancora quasi protostorico, che solo molto tardi giunsero a formare entità statuali compiutamente sviluppate.

Altra caratteristica della fase arcaica è la diffusione ormai quasi universale della scrittura, che rimonta ovunque ai modelli greci (acquisiti in modo diretto nel meridione, tramite la mediazione etrusca nel centro-nord); grazie a una documentazione epigrafica sempre più ampia, possiamo riconoscere un mosaico di lingue che solo in parte riproduce quello dei confini storici e culturali.

Foto: Scala, Firenze

Proprio da queste testimonianze è possibile cogliere un’interessante particolarità condivisa da tutti i popoli d’Italia, con la sola eccezione, forse, dei celti dell’area nord-occidentale (ma non è escluso che nuove scoperte possano cambiare un quadro ancora in piena evoluzione). Solo in Italia, infatti, e in tutta l’Italia, al di là dei confini etnici, culturali e linguistici, i nomi di persona erano formati da due elementi, uno individuale, e uno ereditario per via patrilineare (il nostro cognome): questa è un’anomalia rispetto al sistema usato in tutto il mondo euro-mediterraneo, dove il nome ereditario non esisteva.

Sul finire della fase arcaica si cominciò a rompere l’equilibrio stabilitosi nei secoli precedenti; il primo scossone arrivò dalla Campania, dove le città etrusche, che avevano una popolazione etnicamente molto mista (con la componente etrusca dominante sul piano economico e culturale, ma forse minoritaria sul piano demografico) cambiarono identità etnica. A seguito di eventi probabilmente anche violenti queste città diventarono “campane”, mutando la lingua usata nelle espressioni ufficiali: non più l’etrusco, ma l’osco, parlato dalla componente indigena non etrusca.

 

 

Foto: Scala, Firenze

La nascita politica del popolo campano ebbe come seguito la graduale formazione di sistemi statuali molto evoluti in tutte le aree meridionali della penisola italica abitate da persone che parlavano osco: nacquero così, nel corso del IV secolo a.C., compagini politiche potenti e complesse, quali i sanniti, i lucani, i bretti, che misero sotto pressione tutti gli stati confinanti, a partire dalle colonie greche, alcune delle quali furono anche conquistate da questi nuovi e bellicosi vicini.

Processi analoghi avvennero anche in Puglia, e risultarono anche in questo caso una serie di scontri con la grande e potente città greca di Taranto, che ne uscì quasi sempre sconfitta, perdendo l’egemonia sul territorio indigeno della quale aveva goduto sino allora.

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La nascita di Roma

Anche in Italia centrale la tarda fase arcaica coincise con una rottura degli equilibri e con l’attivazione di nuovi movimenti di popolazioni a breve raggio; da questo periodo difficile uscì vincitrice la città di Roma, che, dopo aver raddoppiato il proprio territorio con la conquista della fiorente Veio (396 a.C.), riuscì in seguito, nel 338 a.C., a trasformare la lega dei latini in un unico stato regionale, creando uno sbilanciamento di forze che l’avrebbe condotta all’egemonia su tutta la Penisola nel corso di appena mezzo secolo.

Nel nord, l’elemento di squilibrio fu causato dalla serie delle invasioni galliche provenienti da oltralpe a partire dall’inizio del IV secolo a.C., che si sovrapposero, cancellandole, alle popolazioni celtiche già presenti da secoli fra il Piemonte settentrionale e la Lombardia occidentale. Da qui le orde galliche dilagarono verso est e sud, distruggendo le città etrusche della pianura padana e riversandosi lungo la costa adriatica. Anche i veneti dovettero subire la loro pressione, tanto che, a un certo punto, chiamarono in loro soccorso i romani, dando vita a un’alleanza solidissima, che non venne mai meno, e che fu cementata anche sul piano ideologico dall’elaborazione della leggenda dell’origine troiana di Padova, che ne faceva una città-sorella di Roma.

Foto: De Agostini Picture Library / Scala, Firenze

Cosmopolitismo culturale

Il IV secolo fu anche un periodo di grandi mutamenti culturali; la nostra penisola, come tutto il bacino del Mediterraneo, risentì profondamente della diffusione di modelli culturali di origine greca, che si espansero in modo indipendente rispetto agli eventi politici e militari. Le culture dei vari popoli italici tesero quindi, non sorprendentemente, a diventare sempre più simili fra di loro; gli oggetti e utensili della vita quotidiana diventarono via via più omogenei, gli edifici furono costruiti secondo modelli sempre più uniformi.

Questo fenomeno fu di carattere puramente culturale; il progressivo arricchimento conseguente allo sviluppo dell’artigianato e del commercio e la formazione di una stratificazione sociale sempre più complessa in tutta la Penisola portarono alla necessità di acquisire tutti quegli elementi materiali e culturali che, nel mondo cosmopolita del IV secolo a.C., erano considerati caratteristici della vita civile dall’Anatolia alla Spagna, dalla Gallia al Nordafrica. L’espansione politica romana avvenne quindi in un’Italia che, sotto molti aspetti, era culturalmente quasi unificata.

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